6 maggio 1976

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6 maggio 1976

Messaggioda cllocate » 13 settembre 2011, 22:27

Terremoto in Friuli

6 maggio 1976 Ore 21.00

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"Giornata calda oggi. Meno male che ho finito di sistemare la frutta in negozio.. Domani mattina non dovrò fare niente. Che caldo, sono tutto sudato, vabbè siamo in maggio, però fa un caldo strano, appiccicoso, umidiccio, non si respira quasi. La breve rampa di scale e chiudo il portoncino. Dalla cucina rumore di stoviglie e il profumo della cena. La televisione accesa. Un rombo lontano, mi fermo… ma che è un tuono? Cambia il tempo? Ma aumenta e trema pure il pavimento! Aumenta ancora, si sente dappertutto! Riempie l'aria, sempre più forte più forte! Riempie il mondo. Mio Dio il terremoto! - Gianna!! Gianna!! Fuori, fuorii!! Svelta svelta, scappiamo! La nausea allo stomaco, trema tutto, manco si fosse su na' barca! Le pareti crepano scricchiolando. Gianna urla, barcolla, mi cade addosso. I mobili scivolano e grattano il pavimento, schiantano addosso alle pareti. Le ante della credenza si aprono e si chiudono, sbattono forte. I vetri della finestra esplodono, il soffitto ondeggia, si staccano grossi pezzi di calcinacci e ci cadono addosso, un braccio sulla testa di Gianna. La parete di fronte si apre e cade intera all'indietro, una nuvola di vento caldo e polvere c'investe. Tutto si sbriciola e il rombo riempie l'aria. Il lampadario oscilla tra le crepe del soffitto, la luce continua a ondeggiare forte tra ombre giganti, va' via. Torna! Poi è il buio. Buio totale, non si vede più niente. La tengo stretta per non perderla. Dobbiamo uscire di qui. Il rumore, il rumore che non smette romba, tuona forte nelle orecchie. Dobbiamo uscire da qui o la casa ci ammazzerà. Dio Dio è la fine del mondo! Tutto si scuote... le mani sulle pareti per non cadere. Gianna, Giannaaa!!!! La trascino per un braccio giù per le scale. Rumore di calcinacci che cadono, schiantano intorno. Sento urlare in mezzo al boato che non smette. La mano sulla porta che non sta ferma, afferro il catenaccio e tiro. Fuori! Di corsa verso la piazzetta, lo slargo più vicino, lontano dalle case che crollano. Il terreno continua ad ondeggiare non riesco neanche a correre. Ci buttiamo in mezzo al prato dell'aiuola m'aggrappato alla terra stretto a mia moglie. Il rombo s'allontana e finisce. E la polvere sommerge tutto, polvere, polvere che fa tossire, che non fa respirare, e il silenzio, innaturale, mostruosamente lungo dopo lo scroscio delle case crollate e il rombo assordante del mondo che stanotte s'è rovesciato. Poi insieme un coro di pianti, urla e gemiti. Tremo come una foglia. Gianna… l'abbraccio, gli occhi inariditi, la gola asciugata e riarsa dalla polvere di muro. Mi prendo la testa tra le mani. Dio... che qualcuno ci aiuti!"

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La tradizione orrorifica della regione parla di "Orcolat" Una specie di orco mostruoso che ricorre nei racconti dei vecchi del posto e nelle favole per bambini. Quella sera del 6 maggio, Orcolat si era risvegliato per portare morte e distruzione. L'alba livida di quel giovedì mostrò i segni dell'immane disastro.
Alle ore 21,06 di giovedì 6 maggio, un terremoto di eccezionale intensità ha sconvolto il Friuli. Quasi mille vittime e migliaia i feriti. Numerosi comuni, per un raggio di 60 km dall'epicentro, sono stati investiti dal sisma. La scossa è durata 50 secondi. Questo breve, ma lunghissimo lasso di tempo è stato sufficiente per causare gravi danni alle abitazioni e alle infrastrutture. L'epicentro è stato localizzato presso Tolmezzo, a otto chilometri a nord di Carnia sul Tagliamento. Il sisma è stato stimato dell'ottavo/decimo grado della scala Mercalli. La forza devastatrice ha interessato i comuni di: Maiano, Buia, Gemona, Osoppo, Magnano, Artegna, Colloredo, Tarcento, Forgaria, Vito d'Asio e molti altri paesi della pedemontana.

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Lo spettacolo che si è presentato ai primi soccorritori è stato agghiacciante.
Le auto e le ambulanze dei soccorritori che stanno percorrendo la Pontebbana verso i paesi colpiti s'imbattono in una fitta cortina di polvere che fa comprendere da subito la gravità dell'accaduto. Altri, accorsi in aiuto, fuori dell'abitato di Gemona incontrano i primi sopravvissuti che si trascinano a stento, sotto shock, laceri e inebetiti. Qualcuno sta tentando di portare i feriti nei più vicini ospedali. Quelli che sono riusciti a sfuggire ai crolli, sconvolti, si sono raggruppati negli slarghi e nelle campagne circostanti e hanno acceso dei fuochi aspettando che la notte passi. Altri si sono rifugiati nelle auto. Si levano nella notte le grida, i pianti, i lamenti di coloro che sono rimasti seppelliti sotto le macerie. Tanti stanno cercando di spostare i calcinacci per cercare di salvarli. Quello che si presenta agli occhi di tutti al levarsi del sole è un paesaggio di morte e distruzione. Paesi completamente rasi al suolo, moltissime case inagibili, continuano gl'incendi ed i crolli sotto la spinta delle scosse di assestamento. Ora, cordoni di militari e agenti cercano di tenere lontani gli abitanti. Si scava febbrilmente per cercare di salvare le migliaia di persone sepolte vive. Circa 200 bambini hanno perso i genitori e sono raccolti dalla Croce Rossa. Saltate le linee elettriche e telefoniche, scoppiate le fognature. La notte del 6 maggio è stata la prima di molte notti all'aperto per i friulani. Le scosse dureranno fino al settembre successivo.

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Nei giorni seguenti mentre arrivano da tutta Italia i soccorsi. Si fa un primo bilancio del catastrofico evento.
L'ospedale di Tolmezzo è lesionato, è inagibile il sesto piano. Tra San Daniele del Friuli e Maiano sono crollati un centinaio di edifici, tra questi, tre condomini di sette e otto piani. A Rivoli, una frazione di Osoppo, degli operai che stavano lavorando nel turno serale alla fonderia, sono rimasti sotto le macerie. Moggio Udinese che sorgeva sotto il Monte Amariana sembrerebbe addirittura raso al suolo. Anche in provincia di Pordenone nei comuni di Vito D'asio, Arduins e Pinzano numerosi i crolli con centinaia di morti e feriti. Vicino al bivio di Magnano, un albergo costruito solo pochi anni prima è raso al suolo. A Pordenone la scossa è stata avvertita con forte intensità. Scene di panico tra la popolazione scesa in strada. Nella chiesa di San Giorgio dove si stava svolgendo una funzione a cui assistevano in maggioranza bambini, al cadere dei primi calcinacci sono tutti fuggiti in strada. Le campane sotto le vibrazioni del sisma hanno cominciato a rintoccare in modo sinistro. Al momento del terremoto il treno Vienna-Roma deviato su un binario minore per un guasto ad uno scambio alla stazione di Tarcento, si trovava a viaggiare a soli 40 Km orari invece dei normali 120. Questo ha fatto sì, che per puro caso si sia evitata un'ulteriore catastrofe, il treno trasportava circa 500 passeggeri e a causa delle forti scosse è deragliato. A Colloredo di Montalbano, hanno ceduto le torri del famoso castello in cui Ippolito Nievo scrisse le Confessioni. Gravissimi i danni al patrimonio storico e architettonico.
Mai come in questa occasione si potè conoscere il carattere forte e la grande dignità del popolo friulano, al di là del grande dolore per la perdita di tutto, solo dopo pochi giorni dalla catastrofe, mentre ancora si cercavano sopravvissuti sotto le macerie e si dava sepoltura ai morti, già si pensava alla ricostruzione. Si rimuovevano calcinacci, si sgombravano strade, ci si occupava addirittura dei campi. Un popolo abituato da sempre alle calamità, pensava a rimettere a posto quel che si può: "di bessoi", cioè da sé, da soli. Non per sfiducia verso la solidarietà degli altri, ma per una radicata dignità che non lascia spazio ai piagnistei. I danni alle industrie presenti sul territorio provocheranno 5.000 disoccupati. Le prefetture di Udine e Pordenone si trasformano in basi operative per coordinare gli interventi. Il 7 maggio si fa una stima delle perdite in vite umane, sarebbero accertati fino ad allora: 584 morti e quasi mille i feriti. Il presidente della Repubblica Leone fa visita alle popolazioni ed ascolta commosso i racconti dei sopravvissuti. Anche il ministro degli interni Cossiga con il ministro dell'istruzione Malfatti si recano sul posto. Nelson Rockefeller, vicepresidente degli Stati Uniti, dopo la visita ai paesi disastrati annuncia lo stanziamento di 21 miliardi per aiutare le popolazioni colpite. L'8 maggio si reca in visita il Presidente del Consiglio On. Moro insieme al Commissario Straordinario del Governo Zamberletti. Tornano i friulani emigrati: dalla Svizzera dall'Austria, dal Belgio, Germania e Francia. Tutti per ricostruire il Friuli devastato. Dopo soli pochi giorni la macchina della solidarietà è già in movimento. A fianco dei nostri soldati anche militari austriaci, canadesi, tedeschi, americani, francesi hanno già montato 1.450 tende. Dall'estero arrivano numerosi aiuti. Per via aerea giungono 6.000 tende. Ospedali da campo, cucine militari, materiali e generi di conforto sono scaricati dalle navi attraccate nel porto di Trieste. Si spargono disinfettanti per evitare epidemie, la temperatura si aggira intorno ai 34 gradi e molte salme sono ancora insepolte. Quattro giovani vengono colti a compiere atti di sciacallaggio. Vengono processati sul posto e condannati in modo esemplare.

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Visita le zone colpite il presidente di Confindustria Agnelli che decreta: "Prima le aziende e poi le case" . Sottolineando come sia urgente soprattutto il riassetto industriale della regione. Il 13 maggio il tempo diventa inclemente. I Friulani sotto le tendopoli, incredibilmente istallate sotto il livello del suolo, si ritrovano con l'acqua alle caviglie. Il vento che soffia a 90 km orari porta via numerose tende. Tarvisio viene investita da una nevicata. Si pensa all'inverno successivo e quello che sarà quando la neve e i primi freddi faranno la loro comparsa di lì a pochi mesi. I friulani si oppongono alle demolizioni indiscriminate e vogliono recuperare quello che è possibile, per ricostruire più in fretta possibile. Vengono stanziati dalla Commissione Bilancio del Senato, 400 miliardi da erogare in vent'anni. Iniziano le inchieste sui crolli delle abitazioni più recenti. Il rumore delle ruspe è incessante, si scava nella speranza di trovare superstiti. Il 19 maggio il bilancio dei morti sale a 926. La pioggia rende impraticabili le strade di montagna e alcuni paesi sono isolati. L'opera di ricostruzione prosegue incessante, si pensa alla ripresa industriale, al turismo, Il consorzio pedemontano per l'Alto Friuli presenta un piano di ripresa industriale per le aziende di Rivoli di Osoppo. Anche nelle località turistiche tutto dovrebbe tornare a funzionare a pieno ritmo visto l'arrivo imminente dell'estate. È evidente la voglia di risollevarsi presto, di avere un incentivo per ricominciare.


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L'11 settembre la terra trema di nuovo: due scosse alle 18:31 e alle 18:40 superano 7,5 e 8 gradi della scala Mercalli. A Gemona crolla gran parte del centro storico che aveva resistito alle scosse di quattro mesi prima. Seguono altre 11 scosse, di nuovo crolli feriti, e il terrore della gente. Nei giorni seguenti altre scosse tra il sesto e decimo grado. Si presenta di nuovo l'emergenza. Il governo stanzia 160 miliardi che saranno reperiti dall'aumento sulle tasse dei veicoli e l'aumento di 50 £. Sulla schedina del totocalcio. È data ampia delega al commissario Zamberletti per l'assistenza ai terremotati.
Fondamentale, nel terremoto del Friuli Venezia Giulia fu la mobilitazione dei radioamatori che coordinarono le comunicazioni tra le varie prefetture e svolsero in tempo reale compiti di coordinamento degli aiuti. Fu proprio la tragica esperienza del terremoto del Friuli che si cominciò a parlare di emergenza. E proprio il termine "EMERGENZA" divenne di uso corrente nei termini di: "dichiarazione di stato di emergenza" che facesse scattare l'immediato intervento del Dipartimento di Protezione Civile. Molti scienziati levarono la loro voce a proposito del terremoto con pareri spesso discordanti, a volte catastrofici a volte minimizzanti. Ci si chiese se si fosse potuto evitare la catastrofe. E per questa realtà si reputò necessario affiancare al Dipartimento della Protezione Civile il sostegno scientifico. Si istituì così il "Comitato Grandi Rischi" che supportò il lavoro della Protezione Civile con la prevenzione e lo studio degli eventi.
"Secondo l'Osservatorio Geofisico di Trieste
- la prima scossa del terremoto fu avvertita alle 20.59 con un'intensità 4,9 della scala Richter.
- un minuto dopo, alle 21.00 fu avvertita un'altra scossa anche più forte della precedente.
- altre scosse, più deboli, furono registrate alle 21.09 e alle 21.12.
- alle 21.25 fu registrata una scossa d'intensità 4,2 della scala Richter.
- Dopo questa prima serie di cinque scosse, si ebbe una seconda serie di tre scosse alle 22.07 (4,2 scala Richter), alle 22.42 (4,1 scala Richter) e alle 22.49 (4,6 scala Richter)."

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Il bilancio del terremoto del 1976 in Friuli Venezia Giulia:

Area colpita: 5.725 km quadrati
Comuni colpiti: 137
Popolazione coinvolta: 600.000 persone
Numero dei morti: 1.000
Numero dei bambini non nati: 20
Bambini che hanno perso i genitori:circa 200
I senzatetto:70.000
Per danni alle industrie:5.000 disoccupati
I danni ammonterebbero ai mille miliardi di lire.
Il 7 maggio all'ospedale di Udine viene alla luce la prima nata dopo il terremoto: si chiama Donatella ed è figlia di una coppia di Maiano, uno dei centri più colpiti.

Tratto da : http://www.pagine70.com/vmnews/wmview.php?ArtID=573


Noi ......ieri.

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A quei tempi non esisteva quello che oggi conosciamo come protezione civile e tutte le associazioni di volontariato che operano oggi in caso di calamità naturali mettendo in campo spesso professionalità di altissimo lvello grazie anche a continui aggiornamenti e periodi formazione.
Scrivo queste righe perchè un pò per scelta e un pò per coincidenza mi sono trovato a passare in queste zone che mi avevano visto portare il mio modestissimo contributo sotto forma di campo scout .
Sono passati 35 anni e il desiderio di rivisitare quei luoghi ogni tanto tanto veniva a galla ma mai mi ero preso il tempo di andarci.

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Forse era anche un modo per non dover fare troppo i conti coi molti anni trascorsi e con i ricordi di persone con cui avevamo condiviso questa esperienza che sono prematuramente mancate.
Le associazioni come le nostre erano soprattutto utilizzate per la ricostruzione, l'emergenza era soprattutto a carico dei soldati che in quell'evento erano stati inviati anche dalle nazioni confinanti.
Quando siamo partiti mi sembrava di risentire le parole di mio padre che mi raccontava del suo impegno sempre sotto il cappello scout nel Polesine alluvionato, passano gli anni ma poco cambia alemo a quei tempi così era.
In totale autosufficenza e dopo una giornata di viaggio raggiungiamo Montemaggiore un paesino che potrebbe sembrare una delle nostre innumerevoli frazioni che sorge ai mille metri di quota in comune di Taipana.
In realtà poi le nostre tende non verranno montate e saremo ospitati nella tendopoli con gli altri , pochi , abitanti della frazione. Saranno poi le nostre ragazze a cucinare per tutta la tendopoli e anche per noi.
Noi siamo affiancati ad una ditta piemontese a cui è affidato il compito di ricostruire i tetti delle case che si è deciso da salvare dalla distruzione, ad agosto quando arriviamo noi il sorteggio di quello che deve rimanere in piedi è già stato effettuato da tempo.

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La frazione seppur piccola ha una sua personalità con una grande chiesa e una piazza , attorno case di un architettura che rende il paese gradevole e molto simile alle nostre frazioni.
La ventina di persone che ci risiede è alloggiata in tende almeno quelli che non hanno potuto o voluto andarsene anche perchè avevano le mucche da badare, almeno quelle che si erano salvate.

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Le nostre giornate lunghe giornate passavano con enorme sforzo fisico su e giù per i tetti con trasporto coppi e secchi di malta, tutto quello che era manovalanza era di nostra competenza.
Del resto il messaggio era chiaro sin dalla nostra partenza, questo non è un viaggio premio.
Si lavorava fin che c'era luce e dopo un periodo più o meno lungo si abbandonava il campo a forze più fresche, del resto a quella quota un inverno in tende non era minimamente ipotizzabile.
Comunque il messaggio che deve trasparire e capiremo poi perchè era quello di una comunità stretta nella sua architettura e nelle sue abitudini e tradizioni con la Chiesa e la piazza come punti di aggregazione con le sue radici ben piantate nel territorio e noi eravamo qui per fare in modo che quel poco che c'era di buono si potese salvare.


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La caserma delle Guardia di Finanza era la costruzione più recente, la Jugoslavia era a poche centinaia di metri in linea d'aria. Il capitano si era curato personalmente che fosse realizzata con dovizia e cura quando venne edificata.
quando il terremoto se la portò via prima ancora delle case secolari ci rimase male perchè reputò a ragione che qualcuno sotto i suoi occhi non avesse fatto prorpio un gran lavoro. Cose che capitano ancora oggi, e nel pubblico non è un grande novità forse qualcuno ricorderà della scuola di San Giuliano e delle sue vittime non molti anni orsono.

Dopo l'emergenza di maggio i mesi successivi furono quelli della ricostruzione e giugno, luglio e agosto avevano dato qualche speranza di poter tornare in alcune case sistemate ma al peggio non c'è mai limite e tutto il lavoro svolto dai volontari si dissolse l'11 di settembre sempre del 1976.

I danni del terremoto del maggio 1976 furono amplificati da altre due scosse, a fine dell'estate.
L'11 settembre 1976 la terra tremò di nuovo: si verificarono infatti due scosse alle 18:31 e alle 18:40, la prima delle quali del 5,8 della scala Richter[4].
Il 15 settembre 1976 prima alle ore 5:00 circa e poi alle ore 11:30 si verificarono ulteriori scosse di oltre 10 gradi della scala Mercalli. Tutto quello che era rimasto ancora in piedi dopo il 6 maggio, crollò definitivamente. I comuni di Trasaghis, Bordano, Osoppo, Gemona del Friuli, Buja, Venzone e la frazione di Monteaperta furono completamente rasi al suolo, in quanto furono le località maggiormente colpite. La popolazione di quei comuni fu trasferita negli alberghi di Grado, Lignano Sabbiadoro, Jesolo e altre località marittime. Là furono ospitati anche i terremotati di altri comuni, rimasti senza alloggio.


L'unica misera consolazione fu che nelle scosse di settembre a Montemaggiore non ci furono morti perchè i pochi abitanti e i volontari erano alloggiati in tendopoli.
Quindi quando nei mesi scorsi sono arrivato a Montemaggiore ho percepito immediatamente che non avrei trovato nulla delle mia esperienza in quei luoghi. Tutto era stato raso al suolo dal terremoto e dall'uomo.

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Riesco a incontrare l'ultima memoria storica del paese e a vincere la normale diffidenza, un ottantenne che in realtà ai tempi del terremoto non viveva a Montemaggiore ma in un paese della pianura.
E mi fa un quadro della situazione che è un pò quello che si vive anche in tragedie recenti, la deportazione in massa degli abiatanti, la paura degli stessi di non riuscire più a costruire un tessuto sociale e compattarsi dentro le architetture e le culture del territorio.
Mi indica un terrapieno che è stato ricavando portando tutte le macerie del paese, ormai ampiamente colonnizzato da erbe e piante e mi dice " il Montemaggiore che hai conosciuto tu è sotto quel prato "
Sono state edificate nuove case e casette qui le chiamano degli "svizzeri" , con serramenti in alluminio anodizzato tristi e brutte che non potranno mai e poi mai far dimenticare l'architettura di montagna di questa frazione.
Il tessuto sociale è scomparso la frazione conta poche unità residenti.
Le persone che avevo ritratto in foto a quei tempi e con cui avevamo trascorso lunghe serate nella tenda cucina della tendopoli e sono andate via o sono passate a miglior vita.

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La nuova chiesa è quanto di più insignificante si potesse fare dal punto di vista architettonico, ovviamente non faccio riferimento all'aspetto religioso anche se mi chiedo chi la frequenti visto che non c'è più nessuno.
L'unico bar apre poche ore al giorno e non si capisce per chi, per altro non si trova ne traccia ne voglia di rispolverare vecchie tragedie.
Me ne vengo via con un senso di tristezza , nulla è più come prima già da tempo. Mi rimane il ricordo della bellezza degli ideali che ci avevano spinto sino qui senza pensarci troppo ma con l'unico desiderio di fare qualcosa per chi in quel momento ne aveva veramente bisogno.

Montemaggiore oggi .....

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