Re: JJ5 L'orso in Val Brembana.

Messaggioda cllocate » 6 settembre 2012, 22:53

Un altro imbecille con il telefono in mano: : Andry :


http://trentinocorrierealpi.gelocal.it/ ... -1.5636619

"Ecco in sintesi cosa NON bisognerebbe fare se si incontra un animale selvatico, come l’orso bruno è! Lo sconsiderato autista ha messo nello stesso tempo a rischio la vita del plantigrado e quella degli automobilisti in risalita; l’animale spaventato poteva benissimo incontrare al di là della curva un auto un pò più veloce e chissà cosa sarebbe potuto accadere (orso morto? auto danneggiata? auto che sbanda su una strada a picco su pareti rocciose? Altre copertine per i giornali ghiotti di notizie ursine?). Penso non sia difficile constatare che quello che si vede nel video rientri nel disturbo alla Fauna selvatica, reato contemplato nella 157/’92 e sul quale in Trentino è deputato il controllo al Corpo Forestale Provinciale del Servizio Foreste e fauna PAT. L’autista poteva benissimo rallentare, all’occorrenza fermarsi ed abbassare i fari. Utilissimo anche il servizio giornalistico del TG che avendo l’occasione di dire qualcosa di intelligente, ben se ne è guardato nel farlo. Come sempre siamo noi le vittime degli orsi…" ( K.T.d.F.)
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R: JJ5 L'orso in Val Brembana.

Messaggioda MTBiker » 7 settembre 2012, 6:28

Non riesco a capire se è più idiota l'autista o il commentatore (o chi per lui ha scritto il testo del servizio...)




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Re: JJ5 L'orso in Val Brembana.

Messaggioda bipbip » 7 settembre 2012, 17:50

Uno, oppure due autentici imbecilli! : Andry :
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Re: JJ5 L'orso in Val Brembana.

Messaggioda cllocate » 14 settembre 2012, 15:17

Per gli appassionati sono disponibili i Fogli dell'Orso Agosto 2012.

http://www.pnab.it/fileadmin/parco/faun ... o/N_27.pdf

: chinchin :
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Re: JJ5 L'orso in Val Brembana.

Messaggioda cllocate » 17 settembre 2012, 8:39

L'Orso è pericoloso? I chiarimenti da parte del Parco dello Stelvio
Le risposte alle domande più ricorrenti sull'orso bruno.


A seguito delle serate informative sull’Orso bruno, tenutesi rispettivamente a Bormio e a Livigno il 21 agosto ed il 27 agosto u.s., ed all’intervento del Sig. Compagnoni Amos, cui ha fatto seguito una lettera inviata alla sede del Parco Nazionale dello Stelvio e distribuita in Valfurva (L’Orso è pericoloso, dannoso, difficile da gestire), al Parco preme stigmatizzare in modo chiaro le affermazioni false e/o non corrette contenute nella citata lettera, cercando di fare ulteriore chiarezza sulle domande più ricorrenti:

«L’orso è pericoloso?
I grandi carnivori hanno da sempre scatenato nell’uomo i sentimenti più forti ed antitetici, per questo non è difficile trovarne riscontri scritti, anche a livello locale. Nella pubblicazione del 1935 di GuidoCastelli, “L’Orso bruno nella Venezia Tridentina” sono riportate in modo dettagliato tutte le catture e le uccisioni di orsi documentate dal 1764 fino al 1935; in totale il Castelli per il territorio della Venezia Tridentina (corrispondente all'attuale Regione del Trentino-Alto Adige) cita 190 esemplari di orso abbattuti fra il 1855 e il 1930 e numerosissimi incontri tra il plantigrado e l’uomo i cui esiti sono stati quasi sempre fatali per l’orso. Dal 1935 ai giorni nostri, i dati certi di abbattimento si riducono notevolmente, anche a causa del nuovo regime di protezione, mentre la residua popolazione trentina limita sempre più la sua presenza che si riduce, a partire dal 1950, ai gruppi montuosi dell’Adamello – Brenta. Oriani, nella sua “Indagine storica sulla distribuzione dell’Orso bruno nelle Alpi lombarde e nella Svizzera italiana” del 1991, riporta dati relativi a 529 orsi segnalati nell’area di studio fino all’inizio del XX secolo. Ben 317 esemplari (il 59,9% del totale) vennero abbattuti. La storia ci aiuta da un lato a delineare la conflittualità del rapporto uomo-orso, elemento di forte impatto sulla poverissima economia di sussistenza di quell’epoca; d’altro canto mette anche in evidenza l’assenza di un diretto impatto sull’uomo, con la sola eccezione di animali feriti in azioni di caccia che difendono se stessi o i propri cuccioli.

Le testimonianze storiche e recenti degli ultimi 160 anni tra Trentino ed Abruzzo non riportano alcun incontro uomo - orso che abbia provocato aggressioni o ferimenti, ad eccezione nelpassato di animali feriti da cacciatori. Anche uscendo dalla realtà trentina e rimanendo sulle Alpi, i datioggettivi ci mostrano una situazione paragonabile. A partire dalla ricomparsa dell’Orso in Austria, tra il 1989 e il 1996 sono stati ad esempio riportati 516 incontri tra uomo ed orso senza che si sia verificato alcun episodio di ferimento. Episodi di aggressioni e ferimenti, spesso citati ad esempio, sono invece riconducibili a particolari situazioni di degrado provocato dall’uomo (ad es. Brasov in Romania), in cui l’Orso è presente con densità elevate evolute dall’uomo per fini venatori e frequenta abitualmente discariche ed aree antropiche in cui reperire facilmente cibo. In Slovenia, a fronte di circa 500 orsi presenti e di legale caccia all’orso, con i rischi che essa comporta, negli ultimi anni si è registrato un solo incidente grave che ha coinvolto un ragazzo entrato nella tana di un orso, pare, per fotografare i cuccioli. Totalmente fuorviante e sbagliato è cercare di far passare il messaggio che l’Orso bruno dinarico – alpino e il Grizzly americano pongano le stesse problematiche ed abbiano lo stesso grado di pericolosità. Pur appartenendo alla stessa specie, Orso bruno e Grizzly sono due sottospecie profondamente diverse. Nonostante ciò anche nel caso del Grizzly i casi di aggressioni e ferimenti, a volte mortali, non sono legati
ad attacchi di tipo predatorio nei confronti dell’uomo, ma a situazioni di pericolo e di paura che spingonol’orso ad un comportamento di difesa “attiva” (Herrero S., 1974 – Conflitti tra l’uomo e il Grizzly nei ParchiNazionali del Nord America. Conferenza Internazionale sulla Ricerca e sulla Gestione dell’Orso, 3: 121-145).
Ancor più sbagliato è riportare, a sostegno della tesi della potenziale pericolosità dell’orso bruno, dati relativi ad altre specie, nello specifico dell’orso nero americano (Ursus americanus). Si tratta, per l’appunto, di specie diverse che, per quanto simili possano essere (o sembrare) nella biologia, restano tra lorodifferenti e non confrontabili. Gli autori stessi dell’articolo che viene citato a sostegno della tesi (Herrero etal., 2011 – Fatal Attacks by American Black Bear on People. The Journal of Wildlife Management 75(3):596–603) fanno notare come “la natura degli attacchi mortali da parte dell’orso nero è alquanto differente daquella degli attacchi da parte dell’orso bruno. Per l'orso bruno una sostanziale percentuale di attacchi gravi e mortali sono di natura difensiva e sono effettuati da una femmina con i piccoli”. Nel caso dell’orso bruno si tratta quindi di aggressioni a seguito di incontri fortuiti o durante battute di caccia e non di aggressioni a scopo predatorio. Va comunque specificato che il citato articolo riporta 59 incidenti in oltre 100 anni pertutto il Nord-America, con una popolazione stimata di oltre 750.000 orsi dimostrando, di fatto, come ancheper quanto riguarda l’orso nero americano l’aggressione a persone sia un evento del tutto eccezionale.
Tutto ciò non toglie che l’orso, come ampiamente riportato sul materiale informativo predisposto in occasione dei vari progetti cofinanziati dall’Unione Europea (life Ursus, life Arctos) e coordinati dalle amministrazioni pubbliche (Parco Naturale Adamello Brenta, Provincia Autonoma di Trento, RegioneLombardia), sia “potenzialmente pericoloso”: ciò significa che va trattato con rispetto, non va seguito e molestato, specialmente nel caso dei cuccioli, va gestito attentamente e costantemente. È interessanteal riguardo, per chi volesse approfondire questa problematica, un testo scandinavo “L’orso bruno è pericoloso?”di cui è disponibile un estratto.
La paura è un sentimento legittimo, anche se immotivato nel caso dell’orso, perché l’uomo non ha mai subito limitazioni alle proprie attività nell’areale storico dell’orso (caccia, raccolta della legna e dei fruttidel bosco, ricreazione). Nei testi storici difficilmente si legge la paura per le persone, mentre domina il timore per il proprio bestiame. Nel 1939, ancor prima che iniziasse la trasformazione socio-economica, l’evoluzione culturale portò ad una legge che inserì l’orso fra le specie italiane da proteggere e nel 1956, a conclusione di un congresso internazionale, vennero attivati gli indennizzi dei danni arrecati dal plantigrado. La storia recente è nota ai più: un’ulteriore evoluzione ha portato l’Amministrazione pubblica, sostenuta anche finanziariamente a livello nazionale ed europeo (UE), a realizzare una reintroduzione nell’area in cui era ancora presente la residua popolazione del Brenta, liberando 10 orsi sloveni, catturati in natura. La nuova popolazione ha avuto una crescita molto veloce e sta ampliando il proprio areale andando a coinvolgere territori, previsti sì nell’iniziale progetto, ma nei quali l’orso era scomparso da oltre un secolo. Gli individui che in questi ultimi anni sempre più frequentemente fanno la loro comparsa nei territori lombardi, della provincia di Bolzano e in Svizzera sono al momento giovani maschi che devono emigrare dal territorio del Trentino occidentale durante il periodo riproduttivo (aprile – giugno) per competizione con i maschi adulti. Nei loro movimenti di dispersione i giovani maschi compiono spostamenti di notevole entità alla ricerca di loro simili, dando spesso l’impressione di essere molti di più di quanto in realtà sono.

Per avere un’idea, tra il maggio e l’agosto 2012 in Lombardia sono transitati 5 differenti giovani maschi(individuati grazie alle indagini genetiche) che a più riprese si sono spostati tra le province di Sondrio,Bergamo, Brescia, Lecco, Trento, Bolzano e il Canton Grigioni. Il più “camminatore” di questo, l’ormaifamoso M13, animale particolarmente poco schivo e dotato di radio collare, tra aprile ed agosto hapercorso oltre 1.000 km nelle sue peregrinazioni. A tale proposito va quindi giustamente interpretatal’affermazione attribuibile a Toniatti Giordano che afferma di avere visto il 20 luglio scorso a Solaz(Valfurva) un orso di 80 kg. Nell’area in questione, infatti, nel periodo 19-24 luglio ha stazionato in modo stabile ed è stato ripetutamente osservato M13, dotato di radio collare e quindi attentamente monitorato. La presenza contemporanea di un secondo orso nello sesso luogo e nello stesso momento – senza che di esso si abbia alcun riscontro oggettivo quali fotografie che permettano di escludere che si trattasse proprio di M13 - è del tutto improbabile. M13 è stato catturato il 30 giugno precedente, dotato di trasmettitore e pesato. Il suo peso era allora di 137 kg e, in tutta franchezza, stentiamo a credere a stime di peso frutto di semplici osservazioni a distanza e non di bilance.
Quanto sta avvenendo con l’orso sta analogamente succedendo sulle Alpi per tutti i grandi carnivori, oggi in lento recupero per una serie di concause:- la lince, reintrodotta in Svizzera, Austria e Slovenia, da dove spontaneamente si sta diffondendo verso le Alpi centrali;- l’orso, reintrodotto in Trentino e Austria, ed in migrazione spontanea sempre più frequente dalla Slovenia, attraverso Friuli e Veneto fin alla valle dell’Adige;- il lupo, arrivato spontaneamente con qualche singolo animale dal Piemonte attraverso laSvizzera fino alla Val di Non (TN) e dalla Slovenia, attraverso Austria e Friuli, fino alla val diFiemme (TN).
Dietro questo fenomeno su scala alpina non c’è alcun protezionismo ambientale ricco di ipocrisia, né alcuna sottovalutazione delle problematiche che sicuramente esistono nella convivenza tra uomo ed orso, masolo il ritorno, in parte naturale, in parte aiutato dai Governi delle Regioni e degli Stati alpini, di specie da sempre presenti sulle nostre montagne. A questo proposito è comunque importante ricordare che esistono accordi, direttive e leggi nazionali e sovranazionali che sanciscono la protezione delle specie e cheimpegnano i Governi a mettere in atto tutte le azioni possibili per la conservazione delle popolazioni chestanno ricolonizzando le Alpi.


Perché l’orso va salvaguardato?


La seconda domanda è sicuramente la più difficile a cui rispondere in modo concreto e del tuttoconvincente, perché non si può basare unicamente su dati oggettivi, coinvolge emozioni ed opinioni,richiederebbe, per una risposta approfondita, la completa analisi del ruolo dell’uomo sulla terra, dei suoirapporti e dei suoi obblighi (morali e di utilità pratica) nei confronti degli ecosistemi e del modo in cui l’uomo progressivamente sta eliminando le specie e gli ecosistemi, in nome del suo progresso. Siamo abituati ad emozionarci per la conservazione del leone africano o della tigre indiana, magari anche richiedendone un maggior rispetto alle popolazioni locali, che tuttora ne subiscono impatti vitali, ma in Europa occidentale, dove gli spazi vitali sono limitati e il contatto tra “uomo urbano” e natura è a stretto contatto di gomito, spesso non accettiamo di avere il minimo disagio da qualsiasi elemento della natura che non segua le nostre regole. Riteniamo veramente di poterci atteggiare verso l’ambiente in cui viviamo con la presunzione di decidere l’eliminazione delle specie viventi che non ci garbano? L’orso è un anello importantissimo per le catene alimentari delle nostre montagne, anello che soloattraverso un filo costituito da pochissimi animali e dal loro ricordo nella cultura dei nostri predecessorinelle Alpi Centrali, l’uomo non è riuscito a distruggere completamente e che, da solo e con il parallelo aiuto dell’uomo stesso, la natura sta ricostruendo. L’orso è un indicatore biologico eccezionale, indica in modo immediato quanto vale il nostro territorio in termini di qualità ambientale e naturalistica; per questo, il progetto ha portato i riflettori di tutta Europa sul Trentino ed ora anche in Lombardia, con evidenti effetti anche in termini di promozione turistica.

È possibile la gestione e la convivenza con l’orso?

La terza domanda trova risposta nei documenti di programmazione del progetto di conservazione egestione dell’orso. A partire dal cosidetto PACOBACE (Piano d’Azione per la Conservazione dell’Orso Brunonelle Alpi CEntrali), condiviso e sottoscritto da tutte le Amministrazioni pubbliche delle Alpi centro-orientali,a quanto sta ora realizzando Regione Lombardia nell’ambito del Progetto life ARCTOS, che si occupadel monitoraggio degli orsi che progressivamente arrivano in territorio lombardo, della prevenzione edell’indennizzo dei danni arrecati alla zootecnia e all’apicoltura e della formazione di squadre di interventoper operare azioni di dissuasione in caso di situazioni problematiche.
In particolare, il “Protocollo gestione orsi problematici” è finalizzato a garantire che l’orso non interferiscain modo inaccettabile con le attività umane. La sicurezza dell’uomo è quindi la priorità ed il protocolloindividua metodi e strategie per garantirla.Ad esempio non sono tollerati orsi che entrano ripetutamente in centri abitati, nonostante le azionidi dissuasione condotte. In passato ciò è successo con un’orsa di nome Jurka (che per questo è statarimossa dalla popolazione naturale) e con un’altra femmina che invece ha reagito bene alla rieducazione.Attualmente ciò potrà avvenire con qualsiasi altro individuo che mostri un comportamento di tipoproblematico e che potrà essere rimosso se il suo comportamento non muterà. E’ importante riportareche, in base alle esperienze finora acquisite, all’interno dell’intera popolazione di orsi delle Alpi centrali,che attualmente ammonta a circa 35 individui, il numero di soggetti problematici non supera il 10%. Gli altrisono poco o niente percettibili, sia in termini di avvistamenti, sia in termini di danni arrecati alle attivitàumane. Insomma…fanno….gli orsi.
Diverso è l’approccio nei confronti degli orsi “dannosi”; per orso “dannoso” si intende un orso chenon mostra aspetti problematici (scarsa diffidenza nei confronti dell’uomo, eccessiva frequentazionedelle aree antropizzate), ma che arreca danni a zootecnia e apicoltura. Il progetto ha tenuto conto fin dall’origine la possibilità che l’orso potesse provocare danni alle attività antropiche e quindi imposta lesue strategie sulla prevenzione e sull’indennizzo a totale carico dell’Amministrazione pubblica. I danni infatti, pur fortemente ridotti, non possono essere eliminati del tutto: in particolare, pecore, capre ealveari possono essere efficacemente protetti con le recinzioni elettriche ed un’attenta manutenzione, mentre il pascolo incustodito non è compatibile con la presenza dell’orso. Attualmente Regione Lombardiafornisce in comodato gratuito recinzioni elettrificate a difesa delle arnie e delle greggi e indennizza tuttii danni certificati. Per avere una prima idea di quanto l’Orso è “dannoso”, è sufficiente ricordare comel’ammontare degli indennizzi in Provincia di Trento, stia ultimamente oscillando tra i 40 e i 60.000 € all’anno, con una popolazione ursina che, nella metà della parte occidentale della Provincia, ha ormairaggiunto una densità che probabilmente si stabilizzerà su un valore di circa 2-3 orsi ogni 100 kmq. InProvincia di Sondrio, nel 2012, i movimenti degli orsi in dispersione hanno causato danni per predazione diovi-caprini e distruzione di arnie pari a circa 3.000 €.La problematica su cui insistere non è quindi legata agli ingenti valori economici dei danni arrecati, quantoalla disabitudine alla convivenza con simili eventi e al maggior impegno che richiede la potenziale presenzadel plantigrado, in termini di tempo necessario per la protezione e il ricovero del bestiame. Ciò risulta ormai scontato nello storico areale dell’orso, mentre l’espansione naturale coinvolge nuove vallate e Comunità, dove danni e protezioni risultano più difficili da accettare, richiedendo uno sforzo ben superiore per la modifica di abitudini consolidate. D’altronde, la protezione degli allevamentie la corretta gestione dei rifiuti, non è solo un’opportunità ma è necessaria proprio per evitare che l’orso, da opportunista qual é, si avvicini all’uomo alla ricerca di cibo, assumendo abitudini che lo rendono “problematico”. Può sicuramente creare un forte senso di frustrazione vedere distrutti, predati, rovinati i nostri beni; se poi quanto danneggiato non ha strette finalità economiche, ma prevalgono legami di affetto, hobby e compagnia, la prevenzione è ancora più importante, perché l’indennizzo non riuscirà mai a ripagare quanto perso in termini affettivi.
Il Parco Nazionale dello Stelvio non ha partecipato attivamente alle fasi di immissione degli orsi in territorio trentino, né alcun orso è evidentemente mai stato rilasciato in territorio lombardo. Non per questo però la Direzione e gli Organi del Parco respingono o contestano il progetto. Il Parco ha dato e continuerà a dareil proprio pieno appoggio a tutte le azione volte alla conservazione dell’Orso bruno sulle Alpi e a tutte le attività volte a mitigare e risolvere i conflitti che si potranno creare tra uomo e orso e alla più completae trasparente opera di divulgazione sullo status della popolazione e sulle attività che di volta in volta verranno svolte.

Il Parco e i suoi collaboratori continueranno a dare il massimo per garantire non solo il costante controlloe la gestione che il progetto richiede, ma anche per la sopravvivenza di un valore in cui crediamo e che staalla base della istituzione delle aree protette.
La vera riuscita del progetto avverrà però solo, se e quando riusciremo a creare un clima di accettazione e convivenza che richiede l’impegno di tutti.

Ogni cosa è migliorabile ed un costruttivo confronto con le popolazioni e con le categorie economiche piùinteressate (allevatori e apicoltori), dovrà portare ad ulteriori iniziative per tutelare al massimo le attività in cui sono coinvolte le popolazioni locali».


Il Presidente del Consorzio Ferruccio Tomasi
Il Direttore del Consorzio Wolfgang Platter
Il coordinatore dell’Ufficio Tecnico UCA (distaccato all’ufficio periferico lombardo)Daniele Bettini
Il Presidente del Comitato Lombardo Gianfranco Saruggia
Il Coordinatore Scientifico Luca Pedrotti
Il Responsabile delle Attività Divulgative Massimo Favaron
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Re: JJ5 L'orso in Val Brembana.

Messaggioda cllocate » 23 settembre 2012, 19:54

Importanti novità sulla stampa di domani.
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Re: JJ5 L'orso in Val Brembana.

Messaggioda cllocate » 24 settembre 2012, 7:47

Forse è morto precipitando:
c'è un orso in meno sulle Orobie



C'è un orso in meno sulle Orobie. Lo hanno trovato morto nei boschi della Val Sedornia, nel comune di Gandellino, intorno ai 1950 metri di quota, in località Calvera. La scoperta è stata fatta sabato mattina un cacciatore a spasso con il cane.

Ha scorto una carcassa di un animale di grandi dimensioni: ha chiamato la polizia provinciale, che ha inviato sul posto una pattuglia del nucleo ittico venatorio. I resti, in avanzato stato di decomposizione, da subito hanno fatto pensare a un orso. Pelo, zampe e cranio erano evidentemente di un plantigrado.

I resti sono stati quindi raccolti e portati all'istituto zooprofilattico sperimentale di Bergamo e alcuni tessuti destinati a Bologna, all'Ispra, per l'esame genetico.

Con il test del Dna si potrà infatti stabilire con esattezza di quale esemplare si tratti, visto che tutti gli individui sono noti e ben schedati. Non dovrebbe essere un orso classificato come problematico, non è stato infatti trovato il radiocollare.

Da un primo esame sembra che si possa asserire che il mammifero, un maschio, sia morto in primavera e probabilmente per cause naturali. Da come è stato trovata la carcassa, in un canalone, potrebbe essere precipitato.
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Re: JJ5 L'orso in Val Brembana.

Messaggioda cllocate » 24 settembre 2012, 7:49

Trovato un orso morto a Gandellino
I resti in stato di decomposizione rinvenuti da un cacciatore in un dirupo della Val Sedornia
Il decesso forse in primavera e per la caduta in un canalone. Test del dna per risalire all'identità




I resti di un orso, ormai in avanzato stato di decomposizione, sono stati rinvenuti sabato scorso nei boschi della Val Sedornia, nel comune di Gandellino, intorno ai 1.950 metri di quota, in località Calvera.
Il ritrovamento grazie a un cacciatore, in giro con il cane, che ha scorto una carcassa di un animale di grandi dimensioni. L'uomo ha quindi chiamato la Polizia provinciale, che ha inviato sul posto una pattuglia del nucleo ittico venatorio. I resti da subito hanno fatto pensare a un orso. Pelo, zampe e cranio (anche se quest'ultimo già in parte scarnificato) erano con evidenza di un plantigrado. I resti sono stati raccolti e portati all'istituto zooprofilattico sperimentale di Bergamo e alcuni tessuti destinati a Bologna, all'Ispra, per l'esame genetico. Con il test del dna si potrà stabilire di quale esemplare si tratti di quelli introdotti nel Parco Adamello-Brenta e poi diffusisi sull'arco alpino.
Nella zona una predazione
Non dovrebbe essere un orso classificato come problematico, non è stato infatti trovato il radiocollare. Da un primo esame sembra che si tratti di un maschio, morto in primavera probabilmente per cause naturali. Da come è stato trovata la carcassa, in un canalone, potrebbe essere precipitato. Risulta difficile pensare che sia stato abbattuto visto che in primavera le doppiette rimangono ferme.
Da escludere una valanga, durante l'ultimo inverno non si è accumulata neve a sufficienza. A ulteriore prova del fatto che il decesso sia riconducibile prima dell'inizio della scorsa estate la certificazione del decesso di un capriolo predato da un orso nella zona, proprio in quel periodo. Il ritrovamento ha subito fatto attivare tutti gli enti preposti al controllo di questa specie, Provincia, Regione, Forestale e Parco delle Orobie. Il presidente del Parco Yvan Caccia, che durante le scorse settimane ha presentato un progetto di promozione turistica del territorio legato proprio al plantigrado, segue la vicenda.
«Vogliamo essere cauti – ha commentato –. Solo gli esami ci permetteranno di capire con certezza di quale esemplare si tratti e come sia morto. Ci piacerebbe inoltre che anche i nostri tecnici fossero invitati a seguire l'autopsia. È per noi un ritrovamento importante». Oltre al valore scientifico la scoperta della carcassa assume anche un altro significato. «La presenza di questo animale – continua Caccia – diversamente da quanto afferma qualcuno, non è poi così sporadica. Chiariamo, non vogliamo portare l'orso sulle Orobie, intendiamo usare l'orso, per tutto quello che rappresenta, ai fini di attrazione turistica».
Primo decesso in Lombardia
Il non facile recupero, per via del luogo impervio in cui sono stati trovati i resti, ha suscitato la soddisfazione dell'assessore alla Polizia provinciale Fausto Carrara.
«Siamo compiaciuti dal lavoro svolto – commenta – non solo per il recupero, ma per tutto il monitoraggio fatto su questa specie. L'attività dei nostri uomini è stata intensa: hanno avuto a che fare anche con un gran numero di segnalazioni. Con la crescita della popolazione di orsi nella provincia di Trento ormai ci sembra evidente che questi animali possono arrivare con facilità anche da noi. Voglio inoltre evidenziare il fatto che non siano state trovate tracce di bracconaggio».
Potrebbe trattarsi di uno dei primi decessi di animali di questa specie nella nostra regione. In provincia di Trento, dove la popolazione è più numerosa, gli episodi sono più frequenti. Proprio sabato una donna ha scorto i resti di un giovane esemplare nei boschi sopra Caderzone Terme.
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R: JJ5 L'orso in Val Brembana.

Messaggioda MTBiker » 3 ottobre 2012, 13:03

Una simpatica vignetta tema orsi.
Ecco cosa fare quando se ne incontra uno...e anche cosa realmente succede!ehehe :-)

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Re: JJ5 L'orso in Val Brembana.

Messaggioda cllocate » 2 aprile 2013, 18:24

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